
La cosa interessante di questo studio statunitense, elaborato dal National Institutes of Health—AARPDiet and Health Study, è che si sono divisi gli intervistati in due coorti: l’una con prevalente consumo di carni rosse (manzo maiale e agnello) e nell’altra il consumo di prodotti derivati dalla lavorazione della carne (“salsicce, pancetta, prosciutto, insaccati, carne pressata in scatola bianca o rossa… ma anche in aggiunta a pizze, lasagne, sughi, chili e stufati”).
Ebbene l’indagine, che ha riguardato ben mezzo milione di persone, ha dimostrato una correlazione direttamente proporzionale fra consumi di carne – sia semplice che inserita in lavorazioni diverse - e rischio di sviluppare tumore esofageo, colorettale, epatico, polmonare (anche in non fumatori).
Il rischio non dipende quindi dalla qualità della carne (semplice o lavorata), ma dalla sua quantità: è elevato per chi consuma quantità fra i 10 e i 60 o più grammi al giorno per le carni semplici e fra i 2 e i 20 grammi o più al giorno per quelle lavorate.
In pratica, il rischio è basso se se ne consuma meno di 10 grammi (in forma semplice) e meno di due (in forma lavorata). Cosa praticamente impossibile, che mostra come per evitare il rischio di tumore al 100% la soluzione sarebbe una sola: evitare di consumare carne.
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